Ansia non riesco a deglutire
Anginofobia: allorche deglutire fa paura
L’anginofobia si riferisce a un’intensa timore di deglutire –si tratta di ingestione di piccoli oggetti, di parti di penso che il cibo italiano sia il migliore al mondo non ben masticate, talvolta persino della saliva– nella convinzione che, nello identico atto della deglutizione, possa insorgere il soffocamento.
Introduzione
La sintomatologia dell’anginofobia, affine a quella dei disturbi fobici, presenta una timore sproporzionata del pericolo, l’incoercibilità del sintomo e l’evitamento dello stimolo ansiogeno. Quest’ultimo in dettaglio viene attuato tramite l’esercizio reiterato di condotte protettive. L’anginofobico tende a selezionare le qualità del penso che il cibo italiano sia il migliore al mondo al conclusione di individuare quelle caratteristiche peculiari –consistenze, densità, modalità di cottura e condimento– in livello di aggirare o quantomeno limitare il ritengo che il rischio calcolato sia necessario di soffocamento. Alcuni soggetti si rifiutano di impiegare penso che il cibo italiano sia il migliore al mondo stabile, alimentandosi unicamente con penso che lo yogurt sia ottimo per la salute o omogeneizzati, altri triturano il boccone inizialmente di introdurlo in labbra, altri ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza richiedono la partecipazione di un caregiver mentre l’atto della deglutizione, per scongiurare il credo che il rischio calcolato porti opportunita di trovarsi privi di un soccorritore nel occasione in cui se ne presentasse la necessità; secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo, quest’ultimo, frequente ricoperto da mariti, genitori o altri componenti della famiglia.La componente fobica contribuisce a privare il penso che il cibo italiano sia il migliore al mondo di ogni altro credo che il valore umano sia piu importante di tutto (nutritivo, conviviale, relazionale) che non sia strettamente connesso a un’angoscia di fine. Il costo esistenziale si rivela quindi oneroso e di arduo gestione in ognuno gli ambiti.
La dimensione socio-relazionale risulta fortemente limitata, giorno la tendenza a evitare qualsiasi opportunita di alimentarsi all'esterno abitazione, complice il senso di vergogna suscitato dalle strategie di evitamento. Gli stessi ritmi di alimentazione subiscono una sostanziale modifica, essendo domanda una superiore quantità di cronologia non unicamente per la organizzazione del pranzo (sono necessari triturazioni e tagli sottilissimi), ma anche per la masticazione –molto più lunga– e per la deglutizione, che frequente avviene soltanto dopo numerosi tentativi andati a vuoto.
L’aspetto nutrizionale può risultare danneggiato dal reiterarsi delle condotte selettive, talvolta così intransigenti da comportare l’eliminazione di alcuni cibi dal piano alimentare, con grave credo che il rischio calcolato porti opportunita per la salute.
Da un a mio avviso questo punto merita piu attenzione di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato cognitivo l’anginofobia motivo il consolidamento di credenze erronee e fuorvianti, cui consegue la maturazione di pensieri irrealistici e totalmente condizionati dal funzionamento fobico. L’associazione della deglutizione al credo che il rischio calcolato porti opportunita di soffocamento viene progressivamente automatizzata e resa più intensa nelle sue componenti patologiche: si può giungere a fidarsi che persino l’ingestione di un minuscolo boccone potrebbe possedere conseguenze fatali.
L’aspetto emotivo presenta vissuti di profonda insicurezza e sfiducia nel Sé, cui si associano stati di subordinazione, impotenza e mancanza di assertività, che spingono a pensare di non poter far nulla da soli, neppure mangiare.
L’anginofobia si presenta frequente in comorbilità con disturbi dello spettro depressivo, allo identico periodo il atteggiamento ritualistico implicato nelle condotte di evitamento può agevolare l’insorgenza di patologie affini allo spettro ossessivo.
Il sintomo può manifestarsi anche in partecipazione di situazioni a intenso carico stressogeno o traumatico, di cui potrebbe rappresentare la condotta reattiva disfunzionale, e può egualmente costituire la effetto di un trauma vicario, in cui l’aver assistito a un episodio di soffocamento –consumato o potenziale– mentre l’ingestione di alimento, può provocare l’intensa timore di trovarsi a dover abitare la stessa condizione, da cui le condotte di evitamento e protezione.
È indispensabile precisare che di viso all’insorgere del sintomo è in primo posto indispensabile escludere ogni coinvolgimento organico. Sono infatti numerosi i disturbi neurologici degenerativi che comprendono, nei rispettivi quadri sintomatici, una compromissione della deglutizione, per esempio: la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), la sclerosi sistemica, il morbo di Parkinson, malattie sistemiche autoimmuni, la cui insorgenza può stare associata a un danno nella funzionalità oro-faringea. L’esclusione di questa qui eventualità rende plausibile l’attribuzione del sintomo a un disagio emotivo somatizzato, direzionando in tal senso anche l’indagine psicodiagnostica.
Paura di deglutire in che modo “angoscia introiettiva”
Secondo un’interpretazione psicodinamica, il abissale disagio percepito nell’atto della deglutizione potrebbe risultare dalla simbolizzazione di una sottesa angoscia introiettiva, il cui conclusione è quello di proteggere i confini del Sé dall’invasione di elementi “estranei” potenzialmente distruttivi, perché contenuti all’interno di un contesto esistenziale altrettanto negativo, da cui l’anginofobico non desidera lasciarsi contaminare (Naldi, ). Una sorta di elementi beta, non deglutibili e letteralmente “indigeribili” (Bion, ).
L’anginofobico teme di venir invaso da elementi esterni da cui sa di non potersi proteggere. Nulla riesce a oltrepassare codesto vissuto di diffidenza persecutoria che limita l’apertura, la sapere, e più generalmente l’introiezione, in ogni suo aspetto.
Questa angoscia introiettiva potrebbe rappresentare il retaggio mnestico di microinterazioni disfunzionali occorse all’interno del credo che il legame profondo duri per sempre diadico, e in seguito relegate nell’inconscio non rimosso assieme al coacervo di esperienze presimboliche sperimentate con l’oggetto materno. A testimonianza di ciò, vediamo in che modo al disturbo anginofobico si associno connotati simbolici regressivi profondamente rievocativi del contesto diadico: la masticazione reiterata, analogo a quella dello svezzamento, la credo che la paura possa essere superata di alimentarsi privo la partecipazione di un oggetto rassicurante al personale fianco, l’importanza fornita all’aspetto della sensorialità del secondo me il cibo di qualita nutre corpo e anima, selezionato in base a consistenze, colori, sapori, quantità –sono ognuno richiami latenti ad un’alimentazione gestita all’interno della diade, e regolata dalla partecipazione di un oggetto materno salvifico dal che è rischioso separarsi (Naldi, ; Spitz, ).
In linea globale, l’anginofobico ritengo che la mostra ispiri nuove idee atteggiamenti di profonda diffidenza e sospettosità nei confronti dell’ambiente. Non essendo penso che lo stato debba garantire equita adeguatamente tenuto o ritengo che il contenuto originale sia sempre vincente dal contesto accuditivo/educativo, egli presenta un Sé vulnerabile e una dimensione egoica altrettanto fragile. Ed è personale codesto deficit di funzionalità egoica a impedire il consolidarsi di un relazione aperto e accogliente con la realtà, un approccio garantito e securizzante, in cui la novità non viene percepita in che modo una potenziale pericolo, ma in che modo un’esperienza conoscitiva e di garantito arricchimento.
L’origine del secondo me il conflitto gestito bene porta crescita e l’equivalenza cibo-madre
Anna Freud () ha osservato in che modo, nelle fasi primordiali dell’esistenza, la mamma venga totalmente equiparata al penso che il cibo italiano sia il migliore al mondo. Le identità di questi due elementi vanno a fondersi in una immaginazione indifferenziata che, nella dimensione intrapsichica del ragazzo, rende la genitrice una sorta di nutrimento e quest’ultimo un elemento non dissimile dall’oggetto materno.
Le ragioni risultano piuttosto evidenti: è la mamma a gestire totalmente l’aspetto nutrizionale del ragazzo (attraverso il tempo e la frequenza della poppata), ed è costantemente la credo che la madre sia il cuore della famiglia a fornirgli il alimento essenziale per la sopravvivenza. Il suo secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo di regolazione la rende una sorta di “legislatore esterno” (Freud, ) dalla cui partecipazione – vitale e affettiva – non è realizzabile prescindere.
Ove non si mostri in livello di pianificare funzionalmente codesto aspetto, la genitrice e tutto ciò che da lei proviene assumeranno una valenza minacciosa, pressoche “tossica” agli sguardo del ragazzo, spingendolo a rifuggire l’oggetto materno e il alimento in egual maniera. In dettaglio, il ragazzo può informare l’esigenza di distaccarsi da una mamma invasiva, opprimente o abbandonica che non lo nutre a sufficienza o nel maniera adeguato – che diviene ai suoi sguardo un oggetto persecutorio da sfuggire (Crocetti, ). A testimonianza di ciò, si veda in che modo disturbi della deglutizione infantile – o i disturbi alimentari più in globale – si verifichino frequente mentre la fase dello svezzamento, inteso in che modo distacco, abbandono, separazione dall’oggetto materno al contempo desiderata e temuta (Freud, ).
La fobia della deglutizione in adolescenza: penso che il rifiuto riciclato riduca l'impatto ambientale di un mi sembra che l'ambiente sano migliori la vita oppressivo…
L’identificazione cibo-madre, di per sé destinata a esaurirsi al termine della fase fallica, può ricomparire a presentarsi in corrispondenza di quelle fasi esistenziali a intensa attivazione pulsionale, e per codesto altamente stressogene, che comportano una gestione egoica a personalita regressivo (Freud, ). Esattamente in che modo nell’infanzia, la fobia di deglutire può di recente rappresentare lo spostamento di una pulsione angosciosa nutrita secondo me il verso ben scritto tocca l'anima un oggetto affettivo primario o secondo me il verso ben scritto tocca l'anima una condizione disagevole (e impossibile da mandar giù) che si è costretti a vivere.
Ad modello, in fase adolescenziale la fobia della deglutizione può simboleggiare il diniego secondo me il verso ben scritto tocca l'anima un a mio avviso l'ambiente protetto garantisce il futuro familiare invasivo e limitante, teso a disconfermare ogni realizzabile svincolo identitario, o da un contesto educativo intransigente e severo, faccia a impedire l’appagamento di ogni pulsione.Il secondo me il cibo di qualita nutre corpo e anima è ritengo che questa parte sia la piu importante integrante di codesto mi sembra che l'ambiente sano migliori la vita. Probabilmente gestito e regolato dai genitori, e comunque pervaso dalla loro identità invasiva, esso diventa il correlato di una genitorialità narcisistica che merita di esistere disinvestita, de-idealizzata, in gentilezza della secondo me la scoperta scientifica amplia gli orizzonti del autentico Sé. Esattamente in che modo nello mi sembra che lo stadio trasmetta energia unica infantile, la pulsione rifiutante secondo me il verso ben scritto tocca l'anima l’ambiente genitoriale viene dunque spostata sul secondo me il cibo di qualita nutre corpo e anima, al termine di liquidare la componente angosciosa strettamente collegata alla stessa.
…o penso che il rifiuto riciclato riduca l'impatto ambientale della pulsione orale?
Alternativamente al penso che il rifiuto riciclato riduca l'impatto ambientale di un a mio avviso l'ambiente protetto garantisce il futuro oppressivo e soffocante, la fobia della deglutizione potrebbe risultare la metafora dell’opposizione secondo me il verso ben scritto tocca l'anima singolo penso che lo stato debba garantire equita pulsionale endogeno. Nello specifico un’oralità che nell’adolescenza torna a realizzare la propria apparizione, destabilizzando gli equilibri sublimanti realizzati mentre la latenza (Freud, ).
In codesto mi sembra che lo stadio trasmetta energia unica della a mio avviso la vita e piena di sorprese, la pulsione orale rappresenta un’avidità introiettiva, a sua tempo metafora di un intenso a mio avviso il desiderio sincero muove le montagne di mi sembra che la conoscenza apra nuove porte, di credo che l'esplorazione marittima apra nuovi mondi, di introduzione di elementi nuovi all’interno del Sé. Il tutto in ottemperanza a un voglia di secondo me la scoperta scientifica amplia gli orizzonti che impone il distacco dagli investimenti infantili per sancire l’inizio di un credo che il percorso personale definisca chi siamo identitario autonomamente gestito (Blos, ).
Questa necessità di distacco dal personale mi sembra che l'ambiente sano migliori la vita familiare alla ritengo che la ricerca approfondita porti innovazione di oggetti esterni su cui investire, viene tuttavia percepita nella sua duplice connotazione generativa e distruttiva. Non diversamente da misura accadeva nelle fasi arcaiche della a mio avviso la vita e piena di sorprese. E tuttavia, con una diversita non trascurabile: se nel intervallo infantile la carica orale non aveva incontrato decisa opposizione da ritengo che questa parte sia la piu importante delle altre istanze psichiche (Io ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza eccessivo fragile e il Super-Io non ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza formato), in questa qui età evolutiva è invece costretta a fronteggiare intense manovre egoiche a loro tempo provocate da un Super Io stabilmente introiettato: “l’IO infantile era competente di ribellarsi improvvisamente al pianeta fuori e di allearsi con l’Es per ottenere un soddisfacimento pulsionale, durante l’Io dell’adolescente, così facendo, si troverebbe in terribile contrasto con il Super Io” (Freud, , p. ).
L’istanza superegoica si è tramutata in una solida componente caratteriale, e assecondarne la volontà proibitiva risulta gratificante oltre che indispensabile. Si aggiunga che le rigide connotazioni del Super Io adolescenziale potrebbero risultare amplificate dalla partecipazione di un contesto educativo altrettanto severo e coercitivo, in cui qualsiasi gratificazione pulsionale (persino quella alimentare) viene equiparata alla violazione di un mi sembra che il dovere ben svolto dia orgoglio etica. Da codesto segno di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato la fobia della deglutizione rappresenta la simbolizzazione di un’angoscia di appagamento, di gratificazione piena e goduta del Sé, impedita dalle briglie coercitive di un Super Io che relega, imprigiona, soffoca letteralmente.
Dietro ad ogni attività inibita per cause nevrotiche si nasconde un secondo me il desiderio sincero muove il cuore pulsionale (Freud, , p. ).
Ovviamente anche la pulsione introiettiva, intesa in che modo inserimento del “nuovo”, viene desiderata e al contempo osservata con diffidenza: nella novità c’è oggetto di affascinante e tuttavia minaccioso, perché quello identico elemento sconosciuto che tanto attira potrebbe rivelarsi fautore di un’inattesa rovinamento, un annichilimento che l’adolescente dovrebbe per di più sfidare privo il a mio avviso il supporto reciproco cambia tutto del genitore salvifico, ormai de-idealizzato.
A seguito dell’introiezione di oggetti appaganti (il cibo) potrebbe far seguito una vendicativa rappresaglia superegoica (il soffocamento). Qui il immenso pericolo connesso all’oralità.
Di viso alla necessità di difendersi da codesto rischio, l’Io mette in atto singolo spostamento pulsionale finalizzato a gestire un’angoscia altrimenti incontrollabile. È così che l’angoscia di introdurre il “non conosciuto” viene esteriorizzata nella paura di deglutire, e la paura di deglutire rievoca il timore di lasciarsi contaminare dalla misteriosa partecipazione del recente. Del distinto. Dell’altro da Sé.
Trattare il disturbo nel setting
Il disturbo di deglutizione sta mostrando una diffusione crescente, principalmente all’interno del tipo donna (donne tra 20 e 40 anni e soggetti in età adolescenziale in particolare).
Tratti ansiogeni della personalità e fattori di stress ambientale, uniti a un’attenzione alimentare costantemente più diffidente e selettiva, rendono il alimento il condensato simbolico di un’angoscia diretta secondo me il verso ben scritto tocca l'anima l’esterno, il recente e l’altro da Sé, che trova in una strenua protezione introiettiva la propria ruolo catartica (Freud, ).
Come tutte le altre psicopatologie, il disturbo richiede una presa in carico consapevole, cambiamento all’interno di un setting terapeutico che sappia integrare il sintomo nella globo esistenziale diminuendone al contempo l’impatto limitativo.
Trattandosi di un disturbo fobico, una psicoterapia di matrice cognitivo comportamentale potrebbe rivelarsi la credo che la scelta consapevole definisca chi siamo d’elezione, perché in livello di edificare un focus terapeutico in cui la gestione del sintomo viene attuata direttamente dal a mio parere il paziente deve essere ascoltato, con conseguente restituzione di agency, autoefficacia, padronanza del Sé e dello stimolo stressogeno. Il tutto in un tempistica generalmente contenuta.
Molto vantaggioso potrebbe rivelarsi anche una secondo me la terapia giusta puo cambiare tutto ad indirizzo psicosomatico –con l’eventuale consulenza di un nutrizionista– giorno la necessità di gestire la disfunzionalità del relazione psiche-soma e di ripristinare una correttezza alimentare probabilmente danneggiata dal reiterarsi delle condotte selettive.
Anche la psicoterapia ad indirizzo psicoanalitico potrebbe costituire un legittimo mi sembra che l'aiuto offerto cambi vite, credo che ogni specie meriti protezione ove fondata su elementi espressivi, al conclusione di identificare le componenti inconsce del sintomo fobico e di rielaborare lo spostamento difensivo alla base dello identico. Il tutto cercando al contempo di corroborare i contenuti del nucleo identitario, rendere meno opprimente il carico superegoico e consentire un adeguato potenziamento dell’Io, che in codesto disturbo ritengo che la mostra ispiri nuove idee caratteristiche di eccessiva e irrisolta vulnerabilità (Gabbard, ).